blink-182, il nuovo album NINE oltre gli schemi: "Chi se ne frega dei generi, non interessano più a nessuno"

Mark Hoppus è stato intervistato da Repubblica per parlare di NINE.

E oggi i Blink 182 stanno alla grande, meglio di sempre. Abbiamo lavorato perché quest’album fosse diverso, non è successo per caso. Volevamo metterci alla prova, essere una band che non si muove solo all’interno di uno schema, passando dal punk all’hip hop, alla dance, al metal. Chi se ne frega dei generi, non interessano più a nessuno, la gente vuole ascoltare cose eccitanti, noi vogliamo suonare cose eccitanti, e così è stato. Ci sembrava stupido restare chiusi nella nostra scatola, in un momento in cui ci sono così tante cose diverse in giro, così tanti suoni, stili, possibilità, idee. E abbiamo pensato che saremmo stati molto più felici se non avessimo fatto una sola cosa.

Possiamo dire, semplicemente, che si tratta di rock?
Possiamo chiamarlo rock, nel nostro cuore siamo una rock band, ma non limitati a un solo stile, la musica rock è stata sempre influenzata da un sacco di cose diverse, non è mai stato un solo suono o una sola emozione. Quindi siamo ancora una rock band, a modo nostro.
Com’è avvenuto questo cambiamento?
L’abbiamo pianificato, volevamo che questo album fosse avventuroso e strano, volevamo buttare via le vecchie regole e fare cose nuove. La musica di oggi è così, nessuno si ferma al limite della forma-canzone, ognuno prova a fare cose diverse, c’è chi mette ancora due strofe e un ritornello, chi le strofe non le mette affatto, chi usa un bridge e chi invece di ritornelli ne fa due, le strutture sono tutte diverse e questo è molto bello. Quindi fanculo alle regole e proviamo a vivere senza. Che nella musica è certamente meglio.
Siete una rock band, ma sembra che abbiate anche imparato la lezione del pop...
Che vuol dire pop? Lei lo sa? C’è un solo modo di intenderlo? Io credo che il nostro linguaggio sia sempre stato popolare, quindi pop, ma pop e popolare spesso non sono la stessa cosa. Un musicista può essere le due cose insieme, non credo che si debba restare legato alle etichette, la musica funziona o no, ti piace o no, chi vede steccati limita il suo sguardo.
Sono passati 20 anni da Enema of State e 27 da quando avete iniziato. Vi sareste aspettati di arrivare fin qui?
Allora non mi aspettavo di avere alcun successo. Non pensavo che la scena del punk rock americano potesse andare da nessuna parte, nessuno di noi immaginava nemmeno lontanamente quello che poi è successo. È stato frutto di coincidenze, passione, duro lavoro, molta fortuna, e qualche buona canzone.
Molti ragazzi ascoltano ancora volentieri i pezzi di allora accanto a quelli di oggi.
Forse la gente si è relaziona alle canzoni allo stesso modo, credo sia dovuto al fatto che scriviamo in maniera onesta, diretta, senza fronzoli o bugie, canzoni in cui la gente si può riconoscere. Se scrivi solo quello che tu credi la gente voglia sentire, non quello che vuoi sentire tu, il pubblico se ne accorge, lo capisce, e ti manda al diavolo.
Alcune canzoni hanno un fondo amaro, in un brano si parla di depressione, anche quando parlate d’amore i toni sono cambiati. È perché siete diventati adulti?
No, è più legato al fatto che il mondo è un posto strano e che ne devi parlare, le cose che vedi cambiano il tuo punto di vista e il tuo modo di scrivere, non c’entra il crescere o il diventare adulti. È il mondo di oggi che è terribile sotto molti punti di vista.
Nine è frutto di un grande lavoro in studio, ma voi siete celebri anche e soprattutto per la potenza dei vostri show dal vivo. Siete cambiati anche in questo? Vi piace di più fare dischi, oggi?
No, mi piacciono e mi sono sempre piaciute tutte e due le cose, quello che fai quando sei in studio è affascinante, crei arte, cerchi la profondità della tua anima, lavori a mettere una parola giusta in una giusta melodia, per cercare di dire esattamente quello che vuoi e entrare in connessione con chi ti ascolterà. Poi ci sono i concerti, il viaggio, la gente che ti canta le tue canzoni e che ti fa capire che quella connessione che cercavi l’hai trovata veramente, è un’emozione incredibile. Ma le due cose stanno necessariamente insieme, una senza l’altra non sarebbero possibili.
Nine non è una collezione di singoli, è un album vero e proprio, nel pieno dell’era dello streaming.
Non riesco a scrivere pensando che la gente ascolti un pezzo e poi via. No, noi ragioniamo in termini di album, pensando che ci sia qualcuno che lo ascolta per intero. Poi lo sappiamo che lo fanno in pochi....
Non vi piace il mercato musicale di oggi?
Facciamo musica per fare musica, non per lo streaming o altro, così come non pensiamo in termini di generi o di etichette. Al mercato ci pensa chi lavora per il mercato. Detto questo, per la musica è un buon momento, ci sono tante idee, tante cose interessanti e creative, basta volerle ascoltare.
C’è un brano in Nine che a suo avviso spiega bene chi sono i Blink-182 oggi?
Probabilmente Dark Side, rappresenta bene quello che sappiamo fare, è orecchiabile, sembra un inno felice, ma in realtà è oscura, ha una seconda anima. Come siamo noi adesso.

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