A quel tempo lui e Adam Goldstein (chiamato DJ AM, uno dei migliori amici di Barker) suonavano come dance duo TRV$DJ-AM e avrebbero dovuto suonare un concerto in Columbia. Inizialmente l’ex-moglie di Barker, la modella Shanna Moakler, sarebbe dovuta andare con loro, ma decise di stare a casa con il loro figlio, Landon, che aveva quasi 5 anni, e la figlia, Alabama, di 3 anni. Alabama era inspiegabilmente irrequieta per la partenza di suo papà. “Continuava a ripetere: ‘Il soffitto si staccherà, papà, il soffitto si staccherà’”, ricorda Barker nel libro.
Dopo il concerto lui, Goldstein, la loro guardia del corpo Charles “Che” Still — che aveva preso il posto della Moakler sull’aereo — e Chris Baker (assistente di vecchia data di Barker) decisero di tornare a Los Angeles invece che rimanere in Sud Carolina. Anche se si stava medicando con Xanax e Vicodin, il Learjet 60 in attesa spaventò Barker. Chiamò suo padre, Randy, prima di salire e gli disse che “qualcosa non andava bene”.
Pochi minuti prima del decollo i due piloti dell’aereo provarono ad abortirlo dopo l’esplosione di una gomma, ma il velivolo rimbalzò sulla pista, passò attraverso una recinzione e si schiantò contro un terrapieno.
“Lo ricordo molto bene — pensai che sarei morto di sicuro”, ha detto Barker a The Post. Quandò l’aereo si fermò, Barker scosse Goldstein per svegliarlo. I piloti, Still e Baker erano già morti, ma Barker non se ne era ancora reso conto.
Cercò di raggiungere i suoi amici nella cabina, ma le sue mani preserò fuoco. Dopo aver aperto il portone e essersi inavvertitamente bagnato con il carburante, Barker si trasformò in una palla di fuoco. Ebbe un attacco di panico, ma in qualche modo riuscì a uscire dall’aereo e a togliersi i vestiti, anche se le fiamme continuavano a divorarlo. Nonostante fosse sotto l’effetto delle pillole, Barker ricorda nel libro che fu “il dolore più pazzesco di sempre, simile a nessuna sensazione avuta in precedenza”.
Corse via dall’aereo finchè, finalmente, Goldstein lo raggiunse e riuscì a spegnergli il fuoco. “Circa 60 secondi dopo l’aereo esplose”, ricorda Barker nel libro. “Ero sdraiato di fianco a AM e gridavo: ‘Siamo vivi!?’”.
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Ci sono voluti dei mesi prima che potesse guardare una foto dell’incidente. Quando lo fece si rese conto che la parte superiore dell’aereo era stata strappata nell’incidente come aveva predetto sua figlia.
L’unica persona con cui poteva parlare era Goldstein. “Non c’era un gruppo di supporto che sapeva come fosse sopravvivere a un incidente aereo”, Barker ha detto a The Post. “Avevamo solamente l’un l’altro.”
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E dopo 11 anni di sobrietà, [NdT.: DJ AM] iniziò a usare il Xanax per prendere dei voli che lo portò ad abusare di droghe pesanti, in particolare cocaina.
Il recupero fisico di Barker fu lento; anche dopo aver tolto le bende non riusciva a stare al sole per paura di danneggiare la pelle. Ma i suoi figli e la famiglia fornirono della motivazione inestimabile, che era qualcosa che mancava alla vita di Goldstein. Nel libro Barker ricorda una conversazione con il suo amico in cui Goldstein spiegava la sua solitudine e il suo isolamento dopo l’incidente.
“[Adam] mi diveva sempre: ‘Tutto quello che ho è Muggsy, il gatto... Vorrei che ci fosse qualcosa di più per cui vivere.’”
Goldstein è stato trovato morto nel suo appartamento a Soho il 28 agosto 2009 a fianco di una pipa da crack e diverse bottigliette di pillole.
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Quando Barker sentì della notizia era nel mezzo di un tour con i Blink-182. Fece un viaggio di quattro giorni di fila in pullman per tornare in California e partecipare al funerale. “Mi ricordo che solamente un paio di settimane prima che [Goldstein] morisse, lo avevo visto e mi aveva detto: ‘Mi sento di prendere un po’ di droga e dire vaffanculo a tutto’”, ha raccontato Barker a The Post. “Prima che me ne accorgessi, era morto. Penso sempre a quel giorno. Ebbe un’overdose o si suicidò?”.
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Barker ha ammesso nella sua biografia che ha un Google Alert impostato per notificargli quando succede un incidente aereo. “Il mio culo psicopatico vuole sempre sapere di loro”, ha scritto.
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“Qualche volta sento di poter volare di nuovo, ma poi vedo un incidente aereo e non dormo per una settimana”, ha raccontato a The Post. “Ho bisogno di essere in grado di volare da sobrio, senza medicazioni, diversamente da come ho fatto per quasi tutta la mia vita”.
Le parole finali di “Can I Say” fanno notare che, salute permettendo, Barker ha ancora molto da vivere. “Sono solo a metà”, ha scritto. “Questo libro non è la fine della mia storia”.
Dopo aver sperimentato il dolore immenso, vissuto la vita da rock-star all’estremo, trasformato il suo corpo in un magazzino di pillole e sopravvissuto a un incidente aereo infuocato, è difficile immaginare cos’altro spetta a Travis Barker. “Non mi dispiace vivere al massimo”, ha detto.
“Avrei potuto farlo per più tempo, ma non voglio sfidare ancora la morte”.